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Tutte scuse… per saltare il lavoro

Tutte scuse… per saltare il lavoro

Una ricerca del Telegraph svela le scuse più usate per non andare al lavoro

Con la crisi innescata dalla pandemia tenersi stretto un posto di lavoro è diventato un’impresa. Non stupisce quindi che si sia progressivamente ridotto il numero di casi di “finti malati”. Raccontare frottole non è mai una buona idea e spesso può portare a sanzioni o addirittura al licenziamento.

La maggioranza delle persone ha ragioni serie per assentarsi dal lavoro, come la malattia, un’emergenza familiare o anche un imprevisto che rende impossibile al dipendente raggiungere l’ufficio. Ci sono poi gli imprevisti dell’ultimo minuto: ad esempio la macchina che non parte, perdite di acqua o di gas, un figlio o un parente che si è fatto male, ecc.

Si tratta di giustificazioni per non andare al lavoro piuttosto inflazionate ma comunque non sospette – o almeno realistiche -.

Benenden Health, un’organizzazione no profit inglese che offre servizi di assistenza sanitaria integrativa, ha raccolto le scuse peggiori e le più usate per non andare a lavorare.
La ricerca è stata riportata dal Telegraph qualche anno fa e i risultati dello studio sono diventati virali.

Ma esistono alcuni dipendenti così fantasiosi da inventarsi situazioni assolutamente paradossali o inverosimili. Un esempio recente?

Sono stato rapito: non posso venire al lavoro

E’ quanto successo a Brandon Soules, un diciannovenne di Coolidge, in Arizona, che lavorava – all’epoca – in una fabbrica di pneumatici del luogo, che una mattina ha deciso di fingere di esser stato rapito per non andare al lavoro.

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Una volta scoperta la truffa la vicenda è rimbalzata sui principali media ed è diventata un caso mediatico.

Tutto è iniziato il 10 febbraio, quando la centrale di polizia di Coolidge ha ricevuto una segnalazione: “C’è un uomo disteso sul ciglio della strada con le mani legate dietro la schiena“.

Parte subito una pattuglia per controllare e al suo arrivo trova un ragazzo a terra vicino a una torre dell’acqua con le mani legate dietro la schiena e una bandana infilata in bocca. Soules racconta alla polizia di esser stato rapito da due uomini mascherati ma di non ricordare come era arrivato là perché aveva perso i sensi dopo una botta in testa.

Ma agli investigatori di Coolidge qualcosa non tornava, così hanno avviato un’indagine. Guardando il video di sorveglianza la polizia non ha però trovato alcuna prova per confermare la sua storia, così messo sotto pressione a Brandon ha tirato fuori che il rapimento in realtà aveva un movente economico: una ingente somma di denaro che suo padre aveva nascosto in città.

Ancora una volta la verifica della storia non ha retto e Soules ha alla fine ammesso durante l’interrogatorio di aver inventato la storia per non andare al lavoro. Prima si era legato sulla bocca una bandana spiegazzata, poi aveva sbattuto la testa contro un palo e infine aveva usato la sua cintura di cuoio per legare alla meno peggio i polsi e le mani dietro la schiena.

Si era quindi buttato a terra sul ciglio della strada dove qualcuno potesse vederlo e avvisare la polizia. Ovviamente Brandon è stato arrestato per e appena la notizia è stata resa pubblica è stato anche licenziato dal suo lavoro alla fabbrica di pneumatici.

Non è chiaro se in prima battuta il datore di lavoro del diciannovenne americano si fosse bevuto la scusa del rapimento come giustificazione, anche perché secondo un’indagine sei capi su dieci tendono a non credere alle giustificazioni dei propri dipendenti, stando allo studio riportato dal Telegraph.

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Lista delle scuse riportate dal Telegraph:

Del resto alcune scuse sono così anomale da risultare meno credibili dei classici  malanni influenzali che vengono usati dai meno fantasiosi. Tra le peggiori spiegazioni addottate per assentarsi senza reale necessità dal lavoro le più comuni sono:

Foto di Andrea Piacquadio da Pexels

Non sempre però il datore ci crede…

Bisogna fare attenzione alle scuse che si usano, perchè un capo su tre, dopo aver ricevuto la chiamata di scuse dal dipendente, controlla sui social network per vedere se il lavoratore è “abbastanza in salute da postare qualcosa”. 

Sicuramente non è questo il momento giusto per mettere alla prova la propria creatività nell’elaborare scuse per non andare al lavoro, ma a tutti è capitato almeno di sentire un collega raccontare frottole al capo.

E con un calo dell’occupazione che nell’ultimo mese ha riguardato prevalentemente lavoratori autonomi di età superiore ai 35 anni, vale davvero la pena di pensarci due volte.


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